Vetrina Festival: Gianni Lorenzi, “Scrivere un best seller”

SCRIVERE UN BEST-SELLER
S’incomincia con la cassetta della posta.
Era una soleggiata mattina di inizio giugno e, come ogni giorno da qualche tempo, andai a controllare la cassetta della posta. In quella cassetta avevo trovato, poco più di un mese prima, una lettera di licenziamento ed ora ogni mattina speravo di trovarci un contratto editoriale, cosa che mi avrebbe decisamente risollevato il morale. In fondo la cassetta era in debito con me.
Quel giorno non lo sapevo, ma a trovare un nuovo lavoro avrei impiegato sei mesi; a trovare un contratto editoriale dieci anni.
Avevo scritto il mio romanzo nei ritagli di tempo, durante gli ultimi due anni, senza farlo sapere a nessuno.
Era stato un lavoro coinvolgente, che mi aveva procurato molte ore di piacevole solitudine, concentrazione, riflessione, studio. Volevo combinare in una storia il sentimento con la parodia e l’ironia. Riuscire a parlare delle passioni, delle sensazioni, delle frustrazioni, delle esaltazioni di una persona normale e allo stesso tempo dipingere questa persona in modo caricaturale ed inserirla in un mondo un po’ stravagante.
Alla fine mi sembrava che il risultato fosse eccezionale, anche se a volte, rileggendo qualche pezzo, non ne ero del tutto sicuro.
Ma di tutto ciò scriverò distesamente più avanti.
Lo avevo quindi spedito a diverse case editrici, sperando che qualche talent scout lo apprezzasse e mi proponesse un contratto di pubblicazione.
Quella mattina estrassi dalla cassetta una lettera che mi fece pericolosamente aumentare la frequenza delle pulsazioni cardiache: il mittente era Giulio Einaudi editore S.p.A., il destinatario – controllai più volte – ero proprio io!

Le case editrici. Lettere di rifiuto e riscrittura.

Cercai di mantenere la calma, risalii nell’appartamento, respirai a fondo e mi misi seduto prima di aprire la busta.
La lettera era piuttosto lunga, diceva così:
Gentile Gianni Lorenzi
abbiamo letto con attenzione L’anno della grande nevicata, “giallo di formazione” di cui abbiamo apprezzato soprattutto la struttura, ben costruita e maneggiata con buon istinto narrativo, e lo stile, semplice, diretto, efficace: la storia di Stefano Papini scorre via veloce e sicura, e non poche immagini rimangono impigliate nella memoria del lettore.
Quello che ci ha convinto di meno è invece la marcata inverosimiglianza della trama, che per sostenere e dare credibilità a certe situazioni un po’ hollywoodiane (l’alibi, il complotto) avrebbe forse dovuto preparare meglio il terreno, costruire fondamenta più robuste. A questo problema si aggiunge la tendenza eccessiva del narratore a ridicolizzare i pensieri e le azioni del suo eroe, che finisce così per risultare inadeguato alla sua funzione di protagonista del romanzo, impedendo soprattutto l’immedesimazione e il coinvolgimento emotivo del lettore. Un ultimo appunto può poi riguardare alcune osservazioni che punteggiano il romanzo: frasi come “purtuttavia siamo costretti a rilevare, nel nostro ufficiale incarico di narratori fedeli alla verità, che i due fatti si verificarono contemporaneamente” risultano, nel contesto di una scrittura agile e scattante come la sua, pesanti come macigni, e remano decisamente contro l’intenzione, altrove meglio realizzata, di costruire una narrazione tesa e serrata.
Per queste ragioni riteniamo di non poter includere L’anno della grande nevicata nei nostri futuri piani editoriali. La ringraziamo comunque per averci fatto conoscere la sua opera.
Cordiali saluti.
Ufficio Proposte Editoriali

https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/biografia/115454/scrivere-un-best-seller/

 

Precedente Conclusioni - Che cosa e' la Letteratura Successivo Vetrina Festival: Emanuele Martignoni "Il canto dei laghi"