La Politica nella Teoria dei giochi

 

LA POLITICA E’ IRRAZIONAL
LO DICE LA TEORIA DEI GIOCHI

Nelle democrazie liberali, in Europa e soprattutto in Italia (ma anche in Usa) si è sempre in campagna elettorale e potremmo definire questo clima agonistico quasi sportivo, il più appassionante (per chi ci crede) spettacolo offerto dai mass media, ultimamente dai social network. Questi, in particolare i gruppi politicamente orientati, non sono solamente la piazza dove la gente esprime o grida le proprie opinioni, più spesso il proprio malcontento verso le istituzioni, questo o quel partito o personaggio politico, ma spesso veri e propri giornali indipendenti, di contro-informazione, che l’Informazione ufficiale farebbe bene a trattare con più attenzione e meno sussiego.
Tanto i media quanto l’opinione pubblica (sempre i media) si sono acciapinati nelle scorse settimane per cercare di prevedere (forse di influenzare) i possibili sbocchi della crisi della maggioranza giallo-verde, che ha poi portato al nuovo governo giallo-rosso M5stelle/Pd (notate le analogie calcistiche) senza escludere la prospettiva di un inciampo e di una votazione magari nella prossima primavera, previa riforma dell’attuale legge elettorale, tornando al sistema proporzionale, notoriamente inadatto a dare stabilità ai governi, pur garantendo (?) la rappresentanza. La formula della competizione elettorale, al di là dei diversi sistemi in vigore, affidata comunque alle alleanze fra partiti, sembra destinata a sortire, in mancanza di un chiaro vincitore, un perenne stato di fibrillazione nei governi dei maggiori paesi europei (dall’Inghilterra, alla Germania, alla Spagna, all’Italia) dando un annuncio allarmante di quanto sterile e inutile il voto sia destinato a diventare, e con esso la politica tout court. Abbiamo trovato il senso (e la previsione) di questa inutilità nientemeno che nella Teoria dei giochi, la disciplina matematica che studia il comportamento ottimale di individui e coalizioni di individui in situazioni di conflitto. Il suo ideatore fu, nel 1928, il matematico John von Neumann*, il quale ne sviluppò le applicazioni economiche con l’economista O. Morgenstern (Teoria dei giochi e comportamento economico 1944). La teoria dei giochi può essere considerata come parte della teoria delle decisioni che analizza le situazioni in cui: a) fra le strategie disponibili al decisore (giocatore) ve ne siano alcune che prevedano il suo ingresso, a certe condizioni, in una coalizione atta, a suo giudizio, a facilitargli il raggiungimento dei suoi scopi o la difesa dei suoi interessi; b) nel valutare la probabilità dei vari eventi che reputa possibili, il giocatore debba tener conto delle scelte che potranno effettuare gli antagonisti. Nella misura in cui gli antagonisti sono tali consapevolmente e intelligentemente, ciascuno di essi terrà presumibilmente conto, al momento della sua scelta, dell’analisi che, a suo giudizio, faranno della situazione gli altri. I casi effettivamente discussi dalla teoria dei giochi sono convenienti idealizzazioni che hanno permesso di illuminare con nuova luce molte situazioni di conflitto sia nell’economia (comportamento oligopolistico, commercio internazionale, relazioni tra sindacato e industria, etc.) sia nella strategia politico-militare.
Una prima drastica semplificazione viene conseguita con l’introduzione del concetto di strategia, cioè di una regola che prescriva come comportarsi in ciascuna delle situazioni in cui ci si può venire a trovare nel corso del gioco. Il compito di ogni giocatore si riduce allora formalmente alla scelta di una strategia. Accadrà inoltre, generalmente, che il risultato conseguito alla fine del gioco da ciascun giocatore dipenda, oltre che dall’insieme delle strategie scelte, anche da certi fattori aleatori esterni. Un’ulteriore drastica semplificazione si ottiene sostituendo a ciascun risultato la sua previsione (speranza matematica) rispetto all’insieme dei fattori aleatori esterni. Ci si riduce così, formalmente, al caso più semplice in cui il risultato spettante a ciascun giocatore dipende unicamente e deterministicamente dall’insieme delle scelte di strategia effettuate. La teoria non tratta però della possibilità, pur realistica, che le valutazioni di probabilità dei diversi giocatori circa i fattori aleatori esterni non coincidano. Infine, se il gioco è essenziale, nel senso che, coalizzandosi con altri un giocatore possa modificare i risultati che può ottenere, la scelta tra le diverse coalizioni in cui può entrare e tra le ripartizioni del risultato globale conseguito da una coalizione conduce a considerare una serie di problemi di comunicazione, credibilità, negoziato, cooperazione, rescindibilità di patti, etc. Ed ecco allora i punti d’arrivo sconcertanti: la varietà e la natura delle conclusioni a cui portano i vari sistemi di ipotesi che si possono avanzare circa tali aspetti (cioè la possibilità di comunicare simultaneamente, l’accettabilità del ricorso a un arbitro, il grado di coesione tra i membri di una coalizione, etc.) pur fornendo utili spunti di riflessione per lo studio di molti casi concreti, non permette di giungere tanto alla scoperta di strategie vantaggiose per un giocatore qualsiasi, quanto piuttosto di porre in luce i limiti del concetto di razionalità individuale che sta alla base di gran parte delle teorie sul comportamento economico e politico. Su queste basi, quale fiducia, e fino a che punto, possiamo avere nella politica?

Gruppo di studio LAltra Letteratura

*John von Neumann, fu il creatore della struttura logica del moderno elaboratore elettronico, e l’ideatore delle macchine autoreplicanti, che trovano applicazione nell’ingegneria biomolecolare.

 

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